La musique de Fausto Romitelli est issue de l’expérience
électroacoustique, du traitement des spectres sonores (Grisey, Murail
et Dufourt), mais aussi d’une expérimentation musicale en marge de
l’avant-garde traditionnelle (rock techno). Romitelli a construit son
propre langage en prise avec la réalité sociale, langage qu’il ne
voulait en aucun cas réserver aux initiés.
Sa musique, dans
laquelle des flux violents et une patte sonore très dense sont mis au
service d’une éloquence expressive dans laquelle le son « matière à
forger » se conjugue souvent avec son goût prononcé pour la technologie
dans le cadre de structures formelles complexes.
De son intérêt
marqué pour les multiples aspects sociaux et artistiques du monde
contemporain, et en particulier pour les techniques de communication de
masse est né « Dead City Radio » dont la réflexion initiale provient de
l’œuvre du sociologue canadien Marshall Mc Luhan, « The medium is the
message ».
Chaque canal de communication, indépendamment du
contenu qu’il transporte, possède sa nature intrinsèque qui constitue
in fine, le fondement réel du message. Dans ce sens, « Dead City Radio
» traite de la naissance du rapport entre la perception et la
technologie et devient une réflexion sur les techniques de production
et de reproduction des canaux électroniques.
« La perception du
monde est imposée par les canaux de transmission : ce que nous voyons
et entendons n’est pas seulement une reproduction du monde, mais une
recréation qui est dispensée par un médium électronique qui se
substitue à l’expérience réelle. »
Il s’agira donc, dans cette
œuvre, d’une réflexion sur la nature de la communication à l’ère des
médias électroniques et d’une exploration de l’espace chaotique de la
communication globale.
Ici intervient la « ville morte » lieu
énigmatique, ville dans laquelle la communication est abolie ; mieux,
où l’idée même de communication et de vie quotidienne est morte. Ce qui
subsiste néanmoins est une relique de communication indéchiffrable.
Dès
lors, du point de vue musical, les interférences, les distorsions, les
réverbérations seront utilisées pour brouiller plus ou moins le message
émis et la forme évoluera entre des moments d’une grande densité, des
périodes autour de points de fixation (note ré) ou des moments de
grands dépouillements. L’audibilité du message émis ne sera pas
forcément proportionnelle à la raréfaction du complexe sonore. Le
principe d’orchestration de base prend pour modèle la stéréophonie qui
recrée la spatialisation de l’horizon sonore. Grâce à une écriture très
souple avec un constant changement des dynamiques et une évolution des
registres qui balaye de gauche à droite et de droite à gauche
l’orchestre disposé traditionnellement. Grâce aussi au clavier
électronique pilotant un échantillonneur et grâce enfin à une guitare
électrique, de multiples mouvements sont organisés durant toute
l’œuvre.
Il en est ainsi, par exemple, du thème de la « symphonie
alpestre » de Richard Strauss, traité comme un échantillon, entendu
clairement dans l’introduction puis brouillé immédiatement.
À la
fin de l’œuvre, l’oscillation entre les aspects obsessionnels, et
violents, entre l’extrême densité et l’extrême raréfaction est
interrompue. Entre l’impossibilité de communiquer et la facilité de
transmettre, pour un petit moment réapparaît le thème de la « Symphonie
alpestre » subitement interrompu par le canal qui le transmet. La
rencontre avec le monde médiatique - son pouvoir de persuasion et sa
subtile et inflexible répression - est accomplie. Un mégaphone imité
par le trombone en sourdine laisse seulement filtrer : « You are lost
».
François Paris (d'après le texte ci-dessous de Roberta Milanaccio)
Dead City Radio, per orchestra
L’esperienza
dell’elettroacustica, il trattamento degli spettri sonori, ma anche
forme di sperimentazione musicale al di fuori dell’avanguardia “colta”
(rock, techno). Nella musica di Fausto Romitelli la ricerca di nuove
dimensioni acustiche si abbina a una concezione della musica come mezzo
non solo estetico ma anche comunicativo. “Compositeur en recherche” nel
corso di informatica musicale all’Ircam di Parigi, Romitelli ha trovato
la sua principale fonte di ispirazione nella musica francese
contemporanea (Gérard Grisey, Tristan Murail, Hugues Dufourt), restando
comunque attento alle più importanti esperienze europee (in
particolare, György Ligeti e Giacinto Scelsi). Senza perdersi in un
linguaggio per iniziati, completamente estraneo alla realtà
circostante, Romitelli ha proseguito la sua personale ricerca
concentrando nella sua musica un eloquente contenuto espressivo e un
impatto sonoro violento dalla complessa struttura formale. Una musica
estremamente compatta, talvolta dal flusso ipnotico e rituale, dove il
suono “come materia da forgiare” si incontra con il gusto per la
tecnologia.
Dal suo interesse per i molteplici aspetti sociali e
artistici del mondo contemporaneo, in particolare per i mezzi e
processi della comunicazione di massa, prende avvio Dead City Radio, la
cui essenza è racchiusa in un’opera del sociologo canadese Marshall
McLuhan: “The Medium is the Message”. Ogni canale, indipendentemente
dai contenuti che esso trasporta, ha una propria intrinseca natura che
costituisce l’unico vero messaggio. In questo senso Dead City Radio
interpreta l’incubo del rapporto tra percezione e tecnologia e diventa
una riflessione sulle tecniche di produzione e riproduzione dei canali
elettronici. “La percezione del mondo è creata dai canali di
trasmissione: ciò che vediamo e ascoltiamo non è semplicemente
riprodotto, ma elaborato e ricreato da un medium elettronico che si
sovrappone e sostituisce l’esperienza reale” (Romitelli). Si tratta
dunque di una riflessione sulla natura della comunicazione nell’era dei
media elettronici e di un’esplorazione nello spazio caotico della
comunicazione globale.
Da qui si arriva alla città morta, luogo
enigmatico nel quale la comunicazione è stata abolita, o meglio, dove
l’idea di comunicazione, di vita quotidiana, è morta e ciò che rimane è
un relitto comunicativo indecifrabile. Interferenze, distorsioni,
riverberi ne sono il segno più evidente, quasi una contaminazione del
suono, privato del suo status accademico, completamente reinterpretato,
filtrato e riprodotto. Il principio acustico di base è la stereofonia,
che ricrea la spazialità dell’orizzonte sonoro. L’organico per grande
orchestra - integrato con la chitarra elettrica e con la tastiera MIDI
che controlla un campionatore - è nella disposizione classica e
l’effetto stereofonico è ottenuto con un complesso scambio dei segni
dinamici (che determinano un’oscillazione dell’intensità del suono
nello spazio sonoro), in particolare fra i percussionisti e fra
chitarra elettrica e tastiera.
Nell’introduzione, sorprende
l’ascoltatore la citazione del tema dell’Alpensimphonie di Richard
Strauss, materiale di partenza trattato come un campione, subito
distorto dalla presenza intrusiva di interferenze. Già dalle prime
battute il sistema di riproduzione contagia come un virus, aggredisce
sottilmente e muta la melodia, diventando sempre più invadente, per
prevalere e poi annullare il messaggio musicale di partenza. A livello
formale, dopo l’introduzione-citazione, seguono alternatamente due
episodi le cui proporzioni vanno progressivamente invertendosi.
Il
primo episodio è basato sul riempimento dello spazio sonoro da destra
verso sinistra - dai contrabbassi ai violini, dai tromboni ai corni,
dal campionatore alla chitarra elettrica – che corrisponde anche a un
progressivo riempimento dei registri, dal grave all’acuto, con un
incremento di un quarto di tono per ogni ottava a partire dalla nota
base “re”. Una frase discendente molto rapida chiude l’episodio, che
nella sua prima esposizione viene ripetuto tre volte.
Affidato al
pianoforte, un segnale melodico discendente (quarta eccedente
all’ottava seguita da una seconda minore all’ottava) apre il secondo
episodio, una sorta di diversione dove il ritmo si fa incalzante e
complessi intrecci polifonici potenziano gli effetti stereofonici,
soprattutto tra percussioni, pianoforte e chitarra elettrica. Il
segnale ripetuto sempre più serratamene crea un’atmosfera allucinata
dove l’orchestra cresce per poi spegnersi improvvisamente.
L’alternanza
dei due episodi principali è conclusa e un accordo al pianoforte,
basato sullo spettro sonoro di una campana, apre una nuova sezione. I
percussionisti posti ai lati del palco azionano dei metronomi, mentre
due campane immerse nell’acqua glissano e creano un effetto eco
sfasato. Un rapido ritorno al primo episodio e un’accumulazione sonora
basata su echi inferiori, quasi una melodia riverberata verso il
registro grave, bloccano l’incalzare del discorso musicale su un
cluster su tutti i registri dell’orchestra.
L’oscillazione tra
aspetto ossessivo e violento, ripetitivo e visionario, tra estrema
densità e estrema rarefazione, è interrotta. Tra l’impossibilità di
comunicare e la facilità di trasmettere, per un attimo ricompare il
tema dell’Alpensimphonie, subito inghiottito dal canale che lo
trasmette. L’incontro con il mondo mediatico - le sue persuasioni e la
sua sottile e inflessibile repressione – è compiuto. Un megafono,
imitato dai tromboni con sordina, lascia solo più filtrare: “You are
lost”.
Roberta Milanaccio
CIRM, Centre National de Création Musicale
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